Gli altri 12 quartieri del Comune di Parma

Oltre al quartiere di Golese (numerato con il numero 5), già descritto nella relativa pagina, il Comune di Parma si compone di altri 12 quartieri.

Nel 2002, vengono disciolte le Circoscrizioni (cioè insiemi più ampi di Quartieri e Delegazioni) istituite nel 1979, e istituiti i Quartieri. Fino al 2010 con rappresentanti scelti da elezioni, poi dal 2015 diretti dai relativi Consigli di Cittadini Volontari (CCV), eletti online.

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1) PARMA CENTRO

20.700 abitanti in 2,5 Kmq (densità = 8.280 ab/Kmq)

Croce blu su fondo Giallo “Parma”.

E’ il quartiere centrale della città, entro la cinta, sulla parte destra del torrente Parma. Detta curiosamente, nei secoli scorsi, “Parma Nuova” per differenziarla dalla “Parma Vecchia” o “Oltretorrente”, nonostante fu la prima zona abitata della Parma romana. L’aggettivo “nuova” è dovuto al fatto che, mentre l’Oltretorrente restava quartiere fondamentalmente medievale e popolano, il Centro era il cuore nobile e borghese, istituzionale, e quindi sempre ordinato e ristrutturato della città. Fino al 1923, insieme all’odierno Quartiere Oltretorrente componeva il vecchio Comune di Parma (cioè senza gli odierni quartieri, ed ex-comuni, periferici).

Dei primi insediamenti, già nell’eta del bronzo, sono riscontrabili nelle “terramare” ritrovate a nord dell’odierna Strada Repubblica. L’abitato divenne importante snodo tra il Po e gli Appennini. Tanto che nel 183 a.C. Parma venne fondata dall’Impero Romano come vera e propria “Urbe”, fortificata e urbanizzata secondo il modello delle linee guida romane: il Cardine (le odierne Via Cavour e Via Farini) e il Decumano (la Via Aemilia, cioè le odierne Via Mazzini e Strada della Repubblica) che si intersecavano nella piazza centrale (ora Piazza Garibaldi). La più evidente testimonianza di quell’epoca è l’antico ponte romano, ben visibile oggi grazie agli scavi effettuati del 1966 nei dintorni di Piazza Ghiaia, nel relativo sottopasso. Disponeva, al di fuori della fortificazione, di un capiente teatro (in zona Via Farini-Piazzale Santafiora) e di una grande arena (in zona Istituto Maria Luigia) da oltre 40mila posti.

Urbe di Parma Romana, con teatro e anfiteatro, fuori le mura. E oltre la Parma, il suburbium dell’Oltretorrente

Dopo la caduta romana, Parma passò in mano ai Bizantini (fino al 570 d.C.), e poi ai Longobardi (fino al 774 d.C.). Dall’877 d.C. Parma verrà governata dai vescovi, dando vita al fulcro sociale e religioso della città (il Duomo, il Battistero e il Vescovado) fino al 1221, quando nacquero i liberi comuni, con Torello de Strada, primo Podestà.  Fu periodo di diverse battaglie tra Papato e Impero per impossessarsi di tante città italiane. Parma fu una di queste.

La piazza romanica di Duomo e Battistero

Memorabile l’impresa dei Parmigiani contro l’imperatore Federico II “Stupor Mundi” nel 1248 che, resistendo a un assedio di molti mesi, sortirono di soppiatto e distrussero la città-accampamento imperiale di Victoria, fatta erigere da Federico nelle vicinanze nordoccidentali di Parma (Fognano? Fraore? Baganzola?), mentre l’imperatore si distrasse per una battuta di caccia nel Taro. L’obbiettivo di Federico II era quello di conquistare Parma e di raderla al suolo, cospargendola di sale per non farne rimanere traccia, e di trasformare Victoria in nuova capitale del suo impero. La storia, per fortuna, ebbe quindi un epilogo contrario.

La Battaglia di Parma

Negli anni successivi Parma passò di mano dai Visconti agli Sforza, fino al Rinascimento con il dominio dei Farnese, dando vita a uno dei periodi più floridi per la città ducale. La Pilotta, le tante basiliche, il Castello nel Giardino Ducale, le Mura Farnesiane, e opere d’arte in ogni dove, fecero di Parma una vera e propria capitale d’Europa. Nel 1727 la città passò ai Borbone. Nacquero l’Università, l’Accademia, la Pinacoteca e Biblioteca Palatina.

Il complesso monumentale della Pilotta

L’epoca Napoleonica fu invece deleteria per Parma: retrocessa a provincia imperiale, risorse dopo il Congresso di Vienna che assegnò il Ducato di Parma a Maria Luigia Asburgo-Lorena, figlia dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e seconda moglie di Napoleone.

La Duchessa Maria Luigia

La Duchessa, tanto amata dai Parmigiani, fece rivivere a Parma un nuovo splendore urbanistico (ponti, strade, palazzi), artistico (Teatro Regio, il Collegio Ducale, il Palazzo Ducale), e sanitario (nuovi ospedali, e le Beccherie in Piazza Ghiaia, cioè un nuovo macello per le carni più ordinato e sanificato).

Il Teatro Regio

Dopo la morte di Maria Luigia, e dopo un breve interregno dei Borbone, l’unità del paese era in atto: nel 1860 Parma venne annessa al Regno di Sardegna (poi d’Italia). Non furono anni facili per la grave recessione economica, tanto che urgeva un piano per facilitare la conversione del territorio da rurale, a commerciale e industriale.

I Lavori del Lungoparma a inizio ‘900

Sotto la giunta del sindaco Mariotti, detto “il picconatore”, Parma fu stravolta: giù le Mura Farnesiane (ne restano oggi pochi brevi tratti) per dare respiro agli accessi e costruire al suo posto una vera e propria circonvallazione di strade e rampari, e via ad un nuovo Lungoparma per facilitare gli spostamenti nord-sud. Furono aperti i passaggi doganali delle barriere cittadine, diventate inutili. Parma diviene una delle realtà industriali e commerciali più fiorenti della nazione. Senza mai perdere il proprio DNA ribelle: nel 1922 oppose resistenza all’arrivo dei fascisti, oltre alle più celebri barricate dell’Oltretorrente, anche al di qua della Parma, a Borgo del Naviglio, Via Saffi, Borgo delle Colonne, i Parmigiani si fecero valere. Nulla poterono poi nei successivi contesti nazionali, che videro il fascismo salire al potere. Anni difficili, poi culminati con la II Guerra Mondiale e con i relativi bombardamenti letali per tante costruzioni e monumenti.

Il Monumento a Verdi bombardato

Con un centro storico in macerie, la ricostruzione del Dopoguerra fu lungo e tribolato, e furono prese anche decisioni discutibili come appunto la mancata ricostruzione del Palazzo Ducale e Teatro Reinach (nell’odierno Piazzale della Pace) e del monumento a Giuseppe Verdi (di fronte alla stazione). Stravolte anche Via Mazzini (trasformato in un nuovo lungo centro commerciale dell’epoca) e Via Cavour con costruzioni che poco hanno a che vedere con il contesto di un centro storico. Ma erano gli anni in cui si guardava più a un futuro di modernità, che a un passato lacerato dal conflitto. Il boom economico è alle porte, e Parma lungo gli ultimi decenni diviene una città sempre all’avanguardia commerciale, industriale e turistica, ma sempre con doveroso occhio aperto sulla sua storia.

Piazza Garibaldi, con il Palazzo del Governatore e sullo sfondo la cupola della Steccata

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2) OLTRETORRENTE

8.500 abitanti in 1,1 Kmq (densità = 7.727 ab/Kmq)

Lo scudo crociato e, oltre il torrente Parma, le torri gemelle dei “Due Paolotti” simbolo di Via D’Azeglio e di tutto l’Oltretorrente, o meglio della “Parma Vecchia”.

L’Oltretorrente è il quartiere che meglio rappresenta il cuore dei parmigiani, con la sua autenticità, schiettezza e generosità. Qui si fondono il vecchio e il nuovo, e convivono fianco a fianco etnie diverse. E’ il Quartiere più multirazziale della città, dove il trenta per cento dei residenti arriva da lontano. E’ il lato umorale e più popolare della città. E’ quasi una città dentro la città, precisa e confusa, nella nobiltà di un popolo fremente e generoso.

L’Ospedale Vecchio in Via D’Azeglio

Fin dall’antichità fu un borgo di vocazione popolare, asimmetrico e contraddittorio nella sua essenza. Inizia a delinearsi con l’arrivo del Medioevo: dopo il 476 d.C., superati i governi barbarici, nei secoli XII e XIII d.C. la città fortificata inizia ad inglobare nel suo territorio anche il suburbium romano oltre il torrente, dove nasceranno ospizi, monasteri, chiese popolari e manifatture lungo i canali. Dopo il 1230, Parma raggiunge il massimo dell’edificazione muraria e nell’Oltretorrente due sono le porte importanti: Porta S. Francesco (1261), dedicata al Santo che, in un suo viaggio, uscì dalla città proprio da questo passaggio, e Porta S. Croce (1210), una porta pellegrina e ben fortificata poichè era la porta dove entravano nella città pellegrini e quant’altro.

La Chiesa di Santa Croce

La città in quei secoli era in forte espansione: inizia in questo nuovo agglomerato di borghi la fondazione di edifici religiosi e nel 1222, sulla linea del decumano romano e patrocinata dalla Comunità Benedettina, viene consacrata la Chiesa di S. Croce. Dal Rinascimento in poi l’Oltretorrente ha una nuova impostazione architettonica e urbana: il primo simbolo di questo cambiamento fu la fondazione dell’Ospedale della Misericordia (o Ospedale Vecchio), in seguito ad una riforma delle istituzioni ospedaliere voluta da Papa Sisto IV. La fondazione di questo Ospedale rende effettiva una caratteristica originale di questo quartiere: misericordia ed aiuto del prossimo totalmente incondizionato, forza e generosità delle genti.

Il Palazzo Ducale all’interno del Parco Ducale

Nella prima metà del ‘500, con l’avvento dei Farnese, l’Oltretorrente viene investito da un programma di rinnovamento urbano che rivoluzionerà la città, ormai capitale regia. Sorgono in questo periodo: la chiesa maestosa dell’Annunziata (1566- 1632), S. Maria del Quartiere in Piazzale Picelli (1604- 1610) e, grazie a Ottavio Farnese, il Palazzo e l’immenso Parco Ducale (1561) secondo il modello dei giardini delle ville romane.

La Chiesa della S.S. Annunziata

Con l’andare dei secoli, il quartiere mantenne intatta la vocazione popolare e la propria identità. Tanto che il dialetto locale differiva anche da quello del centro cittadino, fino a pochi decenni fa. Memorabile la resistenza opposta alla sortita dei fascisti di Balbo nel 1922 con le famose “Barricate”.

Le barricate del 1922 contro l’avanzata dei fascisti di Balbo

Una opposizione che, durante il regime, il quartiere pagò a caro prezzo. I vicoli tortuosi, le abitazioni medievali e vetuste, vennero letteralmente sventrati, per fare spazio a lunghi viali e a costruzioni più moderne e salubri. Le chiamarono le demolizioni del “Piccone risanatore”. Il quartiere andava effettivamente risanato, ma gli abitanti vennero divisi gli uni dagli altri, si dice anche per “ritorsione”, in abitazioni popolari dislocate in vari punti della periferia in modo da limitarne la riaggregazione, e per non dare fastidio al regime. Nacquero così quindi i capannoni della Navetta, del Castelletto, del Cornocchio, del Cristo, del Paullo. Veri e propri ghetti costruiti in economia, tutti l’uno lontano dall’altro. Il termine “Capannone” diventa nei decenni, in negativo anche l’aggettivo degli abitanti di queste zone, che sta a sintetizzare, il termine “volgare”, “sguaiato”, “becero”. Ma che anche può essere “generoso”, “schietto”, e “sanguigno”.

L’Oltretorrente visto dalla sponda opposta della Parma

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3) MOLINETTO

19.300 abitanti in 9,5 Kmq (densità = 2.031 ab/Kmq)

Lo scudo crociato e oltre il torrente Parma, la ruota di un mulino. Tanti erano i mulini in questa zona. E tanti i corsi d’acqua che fino all’800 servirono per sviluppare questa attività: tra cui l’Abbeveratoia, il Cinghio, e naturalmente il torrente Baganza.

Lavandaie fuori dalla Porta S.Francesco a inizio ‘900

Il Quartiere Molinetto come istituzione decentrata è ancora giovanissimo, perché nato con la costituzione a Parma delle Circoscrizioni nel 1979. Precedentemente era un territorio facente parte del vecchio Comune di San Martino Sinzano (poi soppresso), e passato al Comune di San Pancrazio (poi Delegazione). Prevalentemente zona agricola, perché fuori dalla cinta muraria, nel secondo Dopoguerra si popola velocemente grazie anche alla vicinanza ospedaliera, soprattutto nella zona di Via Spezia, Via Baganza e Via Isola. Oltre al cimitero cittadino della Villetta, trovano posto nel Molinetto, il Palasport, e il centro del Baseball “Notari”.

Pecore al pascolo fuori da Barriera Bixio (inizio ‘900), già zona dell’attuale Molinetto

La sede del Quartiere Molinetto è ubicata in un edificio, che è un esempio caratteristico delle vecchie case coloniche del parmense, immerso nel verde e quasi coperto da maestosi alberi che gli conferiscono un riposante aspetto. L’etimologia del nome Molinetto, deriva dalla forte concentrazione di “molini” ad acqua presenti nella zona fino ai primi dell’Ottocento, quando numerosi canali del Torrente scorrevano proprio nelle sue terre coltivate prevalentemente a frumento. Due frazioni, a completare il territorio del Molinetto: Scarzara e Vigheffio.

La sede del Quartiere Molinetto

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4) PABLO

15.500 abitanti in 2 Kmq (densità = 7.750 ab/Kmq)

La croce di Parma, i colori dei comuni di San Pancrazio (Verde-giallo-celeste) e quelli di Golese (rombi rossi, bianchi, azzurri e celesti), da cui è scaturito il Quartiere, una volta detto, dei Prati Bocchi. E l’immagine stilizzata di “Pablo”, nome di battaglia di Giacomo di Crollalanza, siciliano di Modica (Ragusa), uno dei primi organizzatori della resistenza partigiana sull’Appennino Parmense, deceduto nel 1944 a Bosco di Corniglio, durante una rappresaglia nazifascista.

L’Ospedale Maggiore appena costruito

Fino al ‘900 era territorio di aperta campagna, suddiviso tra i poderi della famiglia Bocchi (sotto Golese) e i terreni degli Ospizi Civili (sotto S.Pancrazio). Pochi casolari sparsi, in quella zona che nei decenni successivi vide una vera e propria esplosione edilizia. Merito dell’individuazione, da parte della giunta comunale di Parma Zanzucchi, per l’ubicazione del nuovo Ospedale Maggiore, proprio nei terreni degli Ospizi Civili, detti Prati di Valera. Nel 1915, il Primo Ministro del Regno d’Italia, Antonio Salandra, posò la prima pietra di un complesso ospedaliero all’avanguardia. Fu ultimato nel 1926, mandando definitivamente in pensione dopo 725 anni di servizio, l’ospedale vecchio di Via D’Azeglio. Da lì in poi la zona circostante divenne un fiorire di palazzi e centri residenziali a nord e a sud di via Gramsci.

Piazzale S.Croce negli anni ’70, con i primi palazzi del Pablo

Fino al 1923 la zona attuale del Pablo era divisa amministrativamente in due parti: a nord della via Emilia nel Comune di Golese, e a sud nel Comune di San Pancrazio. Poi, da quell’anno il Comune di Parma, per Regio Decreto, allargò i suoi confini inglobando questo territorio, che viene ad avere una sua vera e propria denominazione nel 1979, quando viene istituzionalizzata la III Circoscrizione “Pablo-Golese-S.Pancrazio”.

Viale Osacca negli anni ’50. Sullo sfondo, Piazzale Pablo non c’è ancora

Dal 2002 diviene quartiere autonomo e nel suo territorio oltre all’ospedale, trova posto l’EFSA (Autorità Europea Sicurezza Alimentare) su Viale Piacenza che porta al Ponte delle Nazioni.

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5) GOLESE

9.900 abitanti in 47,8 Kmq (densità = 205 ab/Kmq)

Lo stemma è quello dell’ex Comune di Golese (1806-1943): Leone d’oro con bastone di comando su fondo azzurro, torrione merlato su fondo celeste, e rombi biancorossi.

PAGINA APPOSITA SUL “QUARTIERE GOLESE”

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6) SAN PANCRAZIO

10.400 abitanti in 22,9 Kmq (densità = 454 ab/Kmq)

Lo stemma è quello dell’ex Comune di San Pancrazio Parmense (1806-1943): Banda gialla obliqua a dividere cappelletta dorata con tre api su fondo celeste, e cornucopia su fondo verde.

Villa Tedeschi (XVII secolo)

Il comune di San Pancrazio nacque nel 1806 a seguito della suddivisione del territorio parmense in Mairies, effettuata dall’amministrazione Napoleonica. Tale nome deriva da una antichissima
pieve-ospizio, fondata nel IX secolo, che si trovava sul tracciato della via Francigena e rappresentava una tappa per i pellegrini. Nel 1866, dopo la cessazione del dismesso Comune di San Martino Sinzano (per scarsa popolazione), ingloba in sé i territori di Vigheffio e Scarzara.

L’ex Municipio di San Pancrazio, alla Crocetta

Dopo una prima istanza dell’11 agosto 1919 di annessione al Comune di Parma, che venne respinta, nel Regio Decreto del 1923 cede al Comune di Parma tutta la zona dell’odierno Quartiere Pablo a sud della Via Emilia e quella dell’odierno Quartiere Molinetto che gravita intorno alla zona del cimitero della Villetta.

L’abitato di San Pancrazio Parmense agli inizi del ‘900

Dal 1943 il territorio del Comune di San Pancrazio si ridusse a Delegazione del Comune di Parma.
Nel 1979 si ebbe la suddivisione territoriale della città in Circoscrizioni ed il San Pancrazio, con il Pablo e il Golese fecero parte della III Circoscrizione. I territori di Vigheffio e Scarzara andarono a far parte della II Circoscrizione “Oltretorrente-Molinetto”. Nel 2002 ritorna ad essere Quartiere a sé stante, cedendo al quartiere Golese,  parte della frazione di Fraore (la parte a nord della ferrovia MI-BO), Eia, e parte della frazione di Viarolo di Parma (quella compresa fra la Strada Cremonese e il Taro).
Del quartiere fanno parte 7 frazioni: Crocetta (con la sede di quartiere, ed ex Municipio), Fraore (a sud della ferrovia MI-BO), Pontetaro di Parma (a est del Taro), San Pancrazio Parmense, Valera, Vicofertile, e Vigolante.

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7) SAN LEONARDO

20.400 abitanti in 4,4 Kmq (densità = 4.636 ab/Kmq)

La croce della città e un leone dorato, simbolo di San Leonardo di Noblac, con una catena dorata, simbolo dei detenuti, di cui è il santo patrono.

Quartiere recente (1979) e prevalentemente residenziale, commerciale e industriale. Nelle immediate periferie a nord della città, fuori da Porta San Barnaba (ora Barriera Garibaldi).

Porta San Barnaba (ora Barriera Garibaldi) a fine ‘800

A cavallo del ‘900 fu identificata dagli urbanisti del tempo, come zona industriale della città. Col tempo divenne anche densa zona residenziale-popolare. Fino al 1923 facente parte del Comune di Cortile San Martino, e poi inglobato per Regio Decreto nel Comune di Parma. Infatti la vecchia sede comunale di Cortile San Martino (ora sede di quartiere) è nel San Leonardo.

La Stazione Ferroviaria a fine ‘800

Il quartiere è il principale luogo di espansione per l’industrializzazione a Parma: dal foro boario ai panifici, dal macello pubblico ai magazzini comunali, dalla Stazione alle numerose officine di Via Trento e Via Palermo, dallo zuccherificio dell’Eridania, alle Vetrerie Bormioli.
Nell’800, Via Trento (all’epoca chiamata Via Roma) presentava un paesaggio più rurale che cittadino: vi si contavano addirittura due sole case.

Via Roma (ora Via Trento) a inizio ‘900

Via San Leonardo aveva già, nei primi anni del ‘900, edifici e case padronali o botteghe. Vicino a Via De Ambris viene posizionata, secondo alcuni storici, l’antica chiesa di San Leonardo: l’Oratorio di San Rocco, costruito intorno all’anno Mille con annessi il lazzaretto e il cimitero. Tra i primi anni del Novecento fino a poco prima della Seconda Guerra Mondiale, il San Leonardo cresce favorito prima dall’arrivo del tram, poi dall’avvento del trasporto pubblico su gomma e poi anche dalla costruzione delle nuove case popolari – Case Gasparri – costruite in economia per sopperire all’aumento demografico e alla necessità urbanistica dell’epoca.
Il quartiere, però, si snoda attorno alla chiesa di San Leonardo, edificata fra il 1928 ed il 1931, dall’architetto Camillo Uccelli, che si ispirò a motivi gotici e bizantini. Altro elemento storicamente importante è la famosa Madonnina, originariamente posta in angolo tra Via Venezia e Via San Leonardo, oggi riposizionata, in Via Trento, all’angolo con Via Ortles.

La chiesa neobizantina di San Leonardo

Dopo gli orrori e la distruzione della guerra, che non risparmiarono questo quartiere dal dolore e dalla fame di quegli anni, dagli anni Cinquanta San Leonardo torna a crescere.
In seguito all’incremento demografico, dovuto anche allo spostamento in atto dalle campagne verso la città e da una rinnovata ondata di industrializzazione, si vedrà la nascita di nuovi locali commerciali.

Nel 1979 si riunifica, come Circoscrizione, alla zona di Cortile San Martino, ma ritorna ad essere quartiere a sé stante nel 2002. Lo sviluppo porta purtroppo con sé le difficoltà legate all’inquinamento, all’immigrazione, alla viabilità e ai conseguenti ostacoli che si incontrano nell’urbanizzazione delle aree. Ma porta anche tante associazioni tese al volontariato, al sociale e allo sviluppo culturale e sportivo. La vicinanza al centro e tante aree verdi rendono il San Leonardo un quartiere in continua evoluzione.

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8) CORTILE SAN MARTINO

6.300 abitanti in 37,9 Kmq (densità = 166 ab/Kmq)

Nello stemma dell’antico Comune autonomo (1806-1943) l’armoriale di San Martino di Tours, soldato romano e poi santo patrono degli eserciti, che taglia in due il proprio mantello per condividerlo con un mendicante. La notte seguente, in sogno vide Gesù con indosso la metà del suo mantello. Di qui la sua conversione al Cristianesimo.

Estesa pianura, a nord della città, fuori dall’anello della Tangenziale. Fino al 1923 congiunto all’odierno San Leonardo. Riunificazione avvenuta poi nel 1979 come Circoscrizione, fino al 2002.

Nella Cronica di Salimbene de Adam da Parma si racconta che, intorno al 1280, i parmigiani avevano «aperto un canale navigabile» che tagliava la campagna parmense fino a Colorno. La zona a Nord di Parma, più prossima alla città, quella di Cortile San Martino, ha sempre avuto una caratterizzazione fortemente agricola, sviluppatasi attorno al naviglio – un tempo completamente scoperto e utilizzato sia come via di comunicazione che per l’irrigazione – e ai mulini, dove si vennero a creare i primi, seppur piccoli, assembramenti di abitazioni. Per questo motivo, Cortile San Martino rimarrà per secoli molto frammentato e non avrà un nucleo forte, nemmeno con la costruzione della sede del Comune, attorno alla quale colpisce l’assenza di edifici abitativi.

L’Abbazia di Valserena

Simbolo indiscutibile del territorio è l’Abbazia di Valserena, imponente complesso monastico di epoca romanico-gotica (1298), ristrutturata e ampliata più volte. Meta-stazione per pellegrini ed ecclesiastici, nel 1806 cessò la sua funzione religiosa per decreto napoleonico, vennero abbattute varie parti, e trasformata in azienda agricola. Nel secondo dopoguerra passo a proprietà dello Stato, che lo diede in concessione all’Università degli Studi di Parma. Oggi è sede del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (C.S.A.C.).

La vera e propria nascita del Comune di Cortile San Martino risale al periodo napoleonico: allora la presenza di case lungo la strada provinciale per Colorno era indice di una seppur debole volontà di aggregazione. Con l’avvenuta Unità d’Italia emerge l’intenzione di allargare i confini del Comune di Parma inglobando i comuni vicini, al fine di aumentare il territorio del Comune e, di conseguenza, gli introiti derivanti dalla rendita fondiaria, ma la questione non vede un risoluzione e si trascina per molti anni, tra riproposizioni e accantonamenti, fino al suo parziale svolgimento durante gli anni Venti. Già dalla fine del XIX secolo, tutta l’area a Nord della rete ferroviaria Milano-Bologna viene investita dal nascente processo di industrializzazione, configurandosi negli anni come quartiere dalla forte identità industriale, perno dell’industria parmense. Iniziarono così a vedersi le prime officine artigiane e, in seguito, le grandi industrie della città, insediatesi vicino alle infrastrutture. La vicina campagna prometteva, infatti, grandi possibilità di espansione, e la prossimità della linea ferroviaria era una comodità imprescindibile. L’evento che maggiormente contribuisce a costruire questo status di quartiere industriale è l’espansione della Vetreria Bormioli Rocco. Comincia così a nascere il quartiere delle fabbriche, che piano piano si viene ad intrecciare con la campagna agricola.

L’ex Municipio (ora sede di quartiere) di Cortile San Martino

Con l’avvento del fascismo, l’intenzione è che tutti i comuni dovessero diventare delegazioni accorpate al Comune di Parma. A Cortile San Martino questo processo è in realtà già attivo da anni, attraverso una reciproca compenetrazione di città e campagna, e si decide quindi di cedere parte del Comune (nel frattempo arrivato a 7000 abitanti) al Comune di Parma, nel Regio Decreto del ’23.

Nel Dopoguerra, Cortile San Martino diventa un quartiere in forte sviluppo e modernizzazione, industriale, logistico, commerciale e residenziale. Comprende 11 frazioni: Baganzolino, Borghetto (o Castelnovo a mane), Case Vecchie, Moletolo, Paradigna, Pedrignano, Pizzolese, Ravadese, San Martino, Santa Elisabetta, e Ugozzolo.

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9) LUBIANA

26.800 abitanti in 22,2 Kmq (densità = 1.207 ab/Kmq)

Lo scudo crociato della città con la locomotiva, simbolo per decenni nel Piazzale Lubiana, e lo stemma della città slovena gemellata con Parma (drago verde su torre merlata bianca, entrambi su fondo rosso).

Il Quartiere Lubiana è il più giovane del Comune di Parma: viene istituito formalmente nel 2002 in seguito alla scissione della vecchia V Circoscrizione “Lubiana-San Lazzaro”. E’ difficile, quindi, disgiungere la storia del Quartiere Lubiana da quella del Quartiere San Lazzaro, visto che la denominazione storica più antica è quella di San Lazzaro, utilizzata per indicare anche l’attuale porzione di territorio del Lubiana. Anche se, prima del 1870, quando si unirono i Comuni di San Donato (l’odierno Quartiere San Lazzaro, a nord della Via Emilia) e di Marore (gli odierni quartieri Lubiana e Cittadella, a sud della Via Emilia), l’odierno Lubiana era una porzione del comune di Marore.

La Rocca di San Lazzaro (un tempo, il Lazzaretto)

Ed è attorno a questa strada storica romana, la Via Emilia, che si sviluppa la storia del quartiere. Nel XII secolo, nell’attuale Lubiana era situato il lazzaretto (ora detto Rocca di San Lazzaro) per gli appestati (da qui il nome di San Lazzaro, antico territorio di cui faceva parte l’attuale zona del Lubiana). La sede di quartiere, la stessa per il quartiere San Lazzaro, è rimasta il vecchio Municipio (inaugurato nel 1890) in strada Zarotto. Nel 1943 il Comune di San Lazzaro (comprendente il Lubiana) venne soppresso e degradato a semplice Delegazione del Comune di Parma.

Per quanto attiene l’epoca moderna, citiamo la nascita dell’importante piazzale Lubiana (da cui il Quartiere trae la denominazione) con la fontana ed il posizionamento della Locomotiva degli anni Venti a favore dei giochi fantasiosi dei bambini, rimossa negli anni successivi. Si tratta di una piazza molto grande che occupa una superficie di qualche migliaio di metri quadrati. La sua lunghezza è determinata da Via Cassio Parmense e da Via Lisoni, quindi, è lunga quasi quanto quartiere Mutti.

La locomotiva di Piazzale Lubiana

Piazzale Lubiana si chiama così in onore alla città gemellata Lubiana (capitale della repubblica slovena) e per Parma ha rappresentato la prima esperienza in questo campo. La firma del gemellaggio Parma-Lubiana è stata effettuata nel luglio del 1964. L’inaugurazione di Piazzale Lubiana è l’11 aprile 1964.

Nel 1979 la Delegazione di San Lazzaro viene divisa in due circoscrizioni: il “Lubiana S.Lazzaro” e il “Cittadella”. E infine nel 2002, come detto il Lubiana diviene quartiere autonomo. A maggior ragione del fatto che è il più popoloso della città di Parma.

Al suo interno, conta 4 frazioni: Coloreto, Marore, Martorano, e San Prospero Parmense. I simboli del quartiere sono l’Arco di San Lazzaro e la Rocca di San Lazzaro.

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10) SAN LAZZARO

11.000 abitanti in 30,4 Kmq (densità = 362 ab/Kmq)

L’antico stemma del Comune di San Lazzaro Parmense, formatosi nel 1870 dalla stretta di mano tra il Comune di San Donato e il Comune di Marore.

Oggi però il territorio del Quartiere San Lazzaro è tornato a ricoprire, a grandi linee, quello del vecchio Comune di San Donato (a nord della Via Emilia).

Il Quartiere San Lazzaro nasce su questa grande via di comunicazione, la via Emilia e rimane sempre nei margini vicini alla città (“fuori le mura”, se vogliamo raffrontarci con la cinta cittadina che circoscriveva il Centro cittadino e l’Oltretorrente) ponendosi nel suo confronto come realtà agricola e dedita alla pastorizia anche durante tutto il Medioevo. Questa zona viene nominata per la prima volta in un documento dell’877, durante la fondazione del Capitolo della Cattedrale da parte del Vescovo Vibodo, con cui Carlo Magno cedeva vaste terre al prelato suggellando l’inizio del regno politico dei vescovi su Parma. San Lazzaro rimarrà sempre molto legato alla città, nonostante il territorio intorno fosse frammentato in tante piccole frazioni.
Nel 1806 Ugo Eugenio Nardon suddividerà il territorio del contado di Parma in tredici Mairies, fra cui quella di San Donato e di Marore, i due comuni che daranno origine al Comune di San Lazzaro Parmense, per Regio Decreto nel 1870.

La Certosa di Parma

Dopo ripetuti tentativi, l’8 maggio 1925 andava in esecuzione il Decreto di Annessione per cui San Lazzaro veniva definitivamente collocato come parte integrante nel Comune di Parma. L’amministrazione podestarile continua fino al maggio del 1943, quando il Comune di San Lazzaro termina definitivamente la sua esistenza riducendosi a Delegazione del Comune di Parma, come tutti i comuni attorno alla città. Nel Dopoguerra il quartiere si ampliò tantissimo e diviene un importante polo residenziale, commerciale e industriale (da segnalare l’industria Salamini). Nel 1979 la Delegazione di San Lazzaro viene divisa in due circoscrizioni: il “Lubiana S.Lazzaro” e il “Cittadella”. E infine nel 2002, il San Lazzaro diviene quartiere autonomo, spartendosi la sede di Via Zarotto con il quartiere Lubiana.

Il Torrione di Beneceto

Due storiche costruzioni caratterizzano il quartiere: La Certosa (anche conosciuta come il Convento di S. Girolamo della Certosa) fondata nel 1282 e riutilizzata fino ai giorni nostri passando per una stamperia dei Certosini a manifattura dei tabacchi in periodo borbonico per arrivare all’odierna Scuola della Polizia Penitenziaria, e il quattrocentesco castello di Beneceto, fuedo della famiglia dei conti Valeri (già feudatari di Baganzola).

Ma forse il simbolo-principe del quartiere è il Portone o “Arco trionfale” di San Lazzaro, eretto nel 1628 sul progetto di Gianbattista Magnani in occasione del matrimonio di Odoardo Farnese con Margherita de’ Medici, segna oggi il confine (insieme alla Via Emilia) con il quartiere Lubiana. Fu deciso di innalzare degli archi nei principali punti di accesso alla città, per accogliere l’entrata trionfale della coppia. L’unico arco superstite oggi è quello di San Lazzaro. Presenta una struttura a tre fornici (le aperture ad arco), è decorato secondo un gusto barocco. Oggi appare piuttosto spoglio, ma in origine era ornato in modo trionfale, con stucchi e rilievi. I soggetti raffigurati richiamavano temi di storia romana e medioevale, con valore fortemente simbolico. Si potevano vedere ad esempio raffigurazioni del console Marco Emilio Lepido che conduce una colonia romana (Parma fu fondata proprio dai Romani nel 183 a.C.); di Parma che invia mille uomini per la difesa personale di Cesare; della sconfitta di Federico II ad opera della città. L’arco subì restauri e modifiche in occasione di altri matrimoni ed eventi, tanto da perdere le decorazioni originali. Nel 1714, per celebrare l’unione tra Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese, vennero rimossi gli stucchi precedenti. Quando Napoleone visitò la città, festosamente accolto per una breve sosta nel giugno 1805, per l’occasione furono aggiunte decorazioni in stile neoclassico. Un ulteriore restauro risale al 1825 per la visita di Francesco I e Maria Luigia. Nei primi decenni del ‘900 l’arco era piuttosto deteriorato. Dagli abitanti era soprannominato portòn, e sotto di lui passava una strada sterrata. In periodo fascista venne utilizzato per propaganda, e solo da metà degli anni ‘50 sono state ampliate le strade attorno all’arco, deviando il traffico e realizzando un’aiuola per incorniciare il monumento. L’ultimo restauro è terminato nel 2006.

L’Arco di San Lazzaro agli inizi del ‘900

In una carta dell’Istituto Geografico Militare del 1919 si nota l’esistenza, all’interno di San Lazzaro, di un Ippodromo. Occupava una vasta area tra la Via Emilia, all’altezza dell’Arco di San Lazzaro, la Via Mantova e la ferrovia. Venne costruito nel 1907 da un gruppo di persone ricche e importanti che volevano fortemente un ippodromo ben attrezzato per le corse dei cavalli e svincolato dalle fiere annuali del bestiame, per creare anche posizioni di concorrenza nei concorsi ippici ad altre città altrettanto munite. L’ippodromo, negli anni Venti, è ricordato anche per gare ciclistiche, con personaggi di spicco come il campionissimo Costante Girardengo; per gli allenamenti olimpico del maratoneta Gino Saccani; per le esibizioni delle moto alla moda come la Borgo, la Frera, la Stucchi, le Triumph e le Humber. Nel 1944 divenne sede di una compagnia di carri armati tedeschi e, nel dopoguerra, con la fine del Comune di San Lazzaro, si perse anche l’interesse verso l’ippodromo, la cui area venne ben presto edificata.

L’Arco di San Lazzaro, oggi

Il quartiere San Lazzaro è formato dalle 7 frazioni di Beneceto, Casalbaroncolo, Casaltone di Parma, Casello, Il Moro, San Donato, Vicopò.

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11) CITTADELLA

24.600 abitanti in 23,7 Kmq (densità = 1.038 ab/Kmq)

Scudo crociato di Parma con la pianta dall’alto e ingresso della Cittadella, fortezza fatta erigere dal duca Alessandro Farnese (la famiglia dei sei Gigli) alla fine del ‘500.

L’ingresso della fortezza della Cittadella

Il simbolo e il nome stesso del quartiere derivano quindi dalla nota fortificazione militare a forma pentagonale, voluta dalla fine del XVI secolo da Alessandro Farnese, terzo duca di Parma. Sull’urna contenente le sue ceneri, situata nella cripta della Steccata, è semplicemente scritto Alexander, ma la sua presenza nella grande scena politica dell’epoca non fu modesta, né tanto meno trascurabile. Su un’area di più di undici ettari, fuori Porta Nuova (Barriera Farini), la Cittadella fu costruita pertanto con scopi difensivi, per volere di un militare, seppure condottiero di rango. L’idea di una fortificazione proprio in quel luogo fu, in verità, del nonno di Alessandro: Pier Luigi, primo duca di Parma. Cercare nel passato avvenimenti che confermino la peculiarità di eleganza, non è difficile. Una conferma è la successiva costruzione dello Stradone e del Casino di conversazione, detto in seguito Petitot (dall’architetto che lo progettò), per volere di Du Tillot, primo ministro del Duca Don Filippo. Lo Stradone (ideato sull’esempio dei boulevard di Parigi) fu voluto con la specifica finalità di svagare e dare benessere ai fruitori di quei nuovi spazi, allora veramente fuori mano, oltre che fuori dalle mura.

Il Casino Petitot con l’ingresso allo stadio Tardini

Dal 1806, fa parte della Mairie di Marore, che diventerà poi Comune, unendosi poi con il Comune di San Donato, sotto il Comune di San Lazzaro nel 1870. Nel 1923 per Regio Decreto, l’area adiacente alla città farà parte integrante del Comune di Parma. Nel 1943, infine, tutto il Comune di San Lazzaro (compreso l’attuale quartiere Cittadella) verrà inglobato nel comune cittadino come Delegazione di San Lazzaro. Nel 1979, nell’anno in cui vengono istituite le Circoscrizioni, il Cittadella formerà una circoscrizione tutta sua, denominandosi poi Quartiere nel 2002.

Villino Bonazzi, esempio di stile “Liberty”

Ai giorni nostri il Quartiere Cittadella è il quartiere più esclusivo della città con aree verdi, villette liberty. Dentro al suo territorio, oltre al parco della Cittadella, meta verde per lo svago di tanti cittadini, è ubicato anche lo Stadio Tardini. Contiene anche 6 frazioni: Botteghino, Malandriano, Marano, Mariano, Porporano, e Pilastrello.

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12) MONTANARA

13.800 abitanti in 2,5 Kmq (densità = 5.520 ab/Kmq)

La croce di Parma e quella di Vigatto (ex Comune da cui proviene il quartiere), con l’affluenza dei torrenti Parma e Baganza, e vista delle montagne (di qui il nome della strada principale del quartiere: Montanara).

Dopo una operazione di bonifica e centuriazione in epoca romana, si inizia ad evidenziare questa Strada Montanara, il cui nome antico deriva dall’indicazione della strada che conduceva verso l’Appennino. Antognano, frazione che comprendeva tutto il territorio del Montanara, era sulla riva destra del Baganza ed era un villaggio agricolo, con lago annesso, con buone risorse idriche per l’irrigazione dei campi, di cui si ha notizia fin dal 987, anno che lo vede nominato in un atto di donazione di terreni da parte del Vescovo Sigfrido II alla Canonica di Parma.

Il vecchio Ponte della Navetta sul Baganza

Per tutto il periodo medioevale e rinascimentale quest’area resta abbastanza periferica nella sua ruralità: gli unici punti di collegamento tra i torrenti Parma e Baganza e i territori circostanti con la città erano il Ponte Dattaro (di antica origine, dal nome della famiglia Dataro, proprietari del territorio) e il Ponte della Navetta, costruito nel 1180 per convogliare le acque derivate dal Cinghio e distrutto dall’alluvione del Baganza, nel 2014). Dal Seicento all’Ottocento, la nobiltà cittadina e l’aristocrazia rurale aumentarono le loro esigenze di soggiorno in ville di campagna in luoghi ameni, salubri e vicini alla città. Le zone scelte furono proprio quelle vicine al torrente Cinghio, per la loro tranquillità. Tra le ville del territorio da segnalare Villa Ombrosa, al capo occidentale di Ponte Dattaro, costruita alla metà del Seicento, demolita poi nel 1940 per costruirvi il Centro Contabile.

Ponte Dattaro con sullo sfondo Villa Ombrosa

Nel 1924, con Regio Decreto, tutta la zona dell’Antognano (quindi la parte più nord del Comune di Vigatto, cioè quello che oggi è il Montanara) viene annessa al Comune di Parma con il nome di Baia del Re. Nel 1929, all’interno del progetto di risanamento delle parti vecchie della città, che portò nel 1927 alla bonifica dell’Oltretorrente, e anche per emarginare ideologicamente i dissidenti politici al regime fascista, verranno edificati i Capannoni. Edifici, in area ovviamente non urbana, costituiti da squallidi caseggiati (4 fabbricati per 48 camere, servizi igienici e lavanderie in comune) costruiti in massima economia, che avrebbero garantito a chi ne usufruiva situazioni provvisorie e soffocanti. Verranno comunque edificati nel 1929 il Ponte Nuovo per collegare la periferia all’Oltretorrente e una schiera di casette popolari su Via Po, a fronte della Casa di Cura Piccole Figlie.

L’Ospedale delle Piccole Figlie

Negli anni Quaranta il Quartiere Montanara era tutto ville e campi coltivati, fattorie isolate e strade: la strada provinciale di Langhirano era asfaltata mentre tutte le altre erano ancora strade di campagna polverose e difficili. Poche le novità edilizie di quel periodo: vi era una scuola in via Navetta; Villa Corazza, ex Villa Negrona, aveva ancora il suo stradello che si apriva su Via Montanara; adiacente al Ponte Dattaro si trovava l’Osteria del Ponte Dattaro, costruita nel 1610 e adibita al ricovero dei cavalli per i viaggiatori, fra i quali anche Maria Luigia, poi demolita nel 1941.

I capannoni della Navetta

Negli anni Cinquanta compariranno i primi insediamenti abitativi sulle vie d’accesso e i primi edifici residenziali dopo la lottizzazione dei terreni appartenenti a Villa Ombrosa, detta lottizzazione Scotti. Fece seguito nel 1955 un’altra lottizzazione, detta Davolio, dei territori appartenenti al Podere Negrona. Proprio in queste porzioni di territorio, l’edificazione di un complesso abitativo avvenne grazie agli stanziamenti dell’INA-CASA, portando servizi, elettricità, acqua, gas, fognature e viabilità in una zona del quartiere bisognosa di rinnovamento. Nel piano di regolamentazione di questo progetto il quartiere verrà denominato per la prima volta Borgo Montanara. Verranno creati una piazza, negozi, cinema e chiesa, scuola, asilo, centro sociale e nuove zone verdi. Il Quartiere è ormai in crescita e negli anni Sessanta e Settanta si procederà a nuove edificazioni residenziali e a un miglioramento dei servizi e delle infrastrutture del Quartiere. Alla fine di quegli anni verranno definitivamente demoliti i capannoni e trasferite le famiglie in altre zone residenziali in Via Aleotti e Via Navetta e verso il torrente Baganza, in un grande caseggiato in cui abitavano persone in condizioni veramente disagiate.

Nel 1979 forma insieme alla Delegazione di Vigatto, la nuova Circoscrizione “Vigatto-Montanara”. Negli anni Ottanta e Novanta, la microdelinquenza nel Quartiere creò qualche problema nella gestione sociale. Si inizia un conseguente avvicinamento tra il Cinghio Sud e il Cinghio Nord, per spezzare definitivamente le problematiche di distanza interna nel Quartiere. Nel 2002, dopo lo scioglimento delle Circoscrizioni, tornò ad essere nuovamente quartiere autonomo. Oggi il quartiere è in pieno rinnovamento.

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13) VIGATTO

11.550 abitanti in 53,7 Kmq (densità = 215 ab/Kmq)

Lo stemma dell’antico Comune di Vigatto: semipartito di croce celeste su fondo bianco e leone rampante d’oro su fondo rosso.

Il nome ha origine dall’unione di due parole latine: Vico (nuclei di case più o meno raggruppate) e Catulo (probabilmente il fondatore). Le trasformazioni nel tempo (VicusCautli, ViCatuli, VicaGattuli) hanno portato all’attuale denominazione Vigatto. I cui primi cenni storici risalgono al 1004. In epoca Napoleonica, nel quadro di una nuova suddivisione amministrativa del territorio circostante a Parma, un decreto del 1806 creò la Mairies di Vigatto. La frazione di Panocchia, inizialmente assegnata al comune di San Martino Sinzano, entrò a far parte del comune nel 1809. La sede del municipio fu posta a Corcagnano. Nel 1923 ci fu un primo smembramento di una porzione del comune: una parte del territorio, l’Antognano, venne assegnata al comune di Parma.

Il castello di Panocchia (XV- XVI secolo)

Nel 1943, cinque comuni attigui a Parma (Cortile San Martino, Golese, San Pancrazio Parmense, San Lazzaro e Vigatto) vennero aggregati a Parma, ridotti a Delegazioni. Dopo il termine della seconda guerra mondiale si costituì il Comitato per l’autonomia del Comune di Vigatto, che con una raccolta di firme chiese al Ministero dell’Interno la ricostituzione del comune di Vigatto.
Dopo un parere inizialmente contrario, l’istanza venne accettata, e il 4 novembre 1951 un decreto del Presidente della Repubblica ricostituiva il comune di Vigatto. Il decreto venne però impugnato dal Comune di Parma e il Consiglio di Stato nel 1959 dispose l’annullamento del decreto, adducendo il motivo della mancanza di una legge istitutiva del comune di Vigatto. Tale sentenza non trovò però applicazione pratica e per molti anni lo status amministrativo di Vigatto non fu chiaro: non era certo se fosse un comune autonomo o parte del comune di Parma, situazione che creò non pochi problemi sul piano amministrativo. La questione si chiuse il 26 ottobre 1962, quando il sindaco di Parma, ing. Giacomo Ferrari, con una cerimonia presso il municipio di Corcagnano prese in consegna il comune di Vigatto, trasferendolo al comune di Parma.

L’ex Municipio di Vigatto, a Corcagnano

La legge comunale sul decentramento nel 1979 assegnò poi Vigatto alla Circoscrizione “Vigatto-Montanara”, unendosi proprio con il quartiere cittadino. Dal maggio 2002, con una riforma dell’ordinamento comunale sul decentramento, vennero creati i quartieri autonomi del comune di Parma, tra cui quello di Vigatto. La sede amministrativa è a Corcagnano, nei locali dell’ex municipio. Il territorio del quartiere di Vigatto ha avuto negli ultimi anni una forte espansione residenziale, ed è sede di numerosi insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale, specialmente nella località di Alberi di Vigatto, a pochi chilometri dalla città di Parma.

Il Vigatto è composto prevalentemente da campagna, con le sue 7 frazioni di Corcagnano, Vigatto, Alberi, Gaione, San Ruffino, Carignano, e Panocchia, che danno vita anche al noto Torneo delle 7 frazioni.

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STORIOGRAFIA DEL COMUNE DI PARMA

1806 – L’amministrazione Napoleonica abolisce le proprietà feudali e suddivide i dintorni di Parma in 7 “Mairies” (Comuni)

1866 – Viene soppresso il Comune di S.Martino Sinzano e spartito tra S.Pancrazio e Collecchio.

1870 – I comuni di S.Donato e Marore si uniscono, formando il Comune di S.Lazzaro Parmense.

Il Comune di Parma allarga progressivamente i propri confini, inglobando parte dei comuni limitrofi, fino alla massima espansione del primo Dopoguerra con i Regi Decreti del 1923 e 1924.

1943 – Vengono soppressi i comuni limitrofi e ridotti a Delegazioni.

1951 – Vigatto vince il ricorso e torna ad essere comune autonomo, fino al 1962, quando ritorna territorio del comune cittadino.

1979 – Il Comune di Parma attua una forma di decentramento in 7 Circoscrizioni.

2002 – Soppresse le Circoscrizioni, vengono istituiti i 13 Quartieri attuali.

 

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