Le 10 frazioni golesane

Dopo l’accorpamento nel 2002 delle frazioni di Eia e Fraore, le frazioni Golesane sono diventate 10.

Qui di seguito una cartina del quartiere con i vari frazionamenti operati dalla Provincia di Parma già dagli anni ’20 e anche in seguito.

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BAGANZOLA (Bagansòla)

(Baganciola)

ABITANTI: 2080 ca.

Baganzola, per importanza storica e religiosa, risulta essere da sempre la frazione principale del Golesano. Il nome deriva probabilmente dal fatto che anticamente il Torrente Baganza affluisse nella Parma più a valle di adesso e che attraversasse proprio Baganzola. Altre fonti parlano di un canale di nome Baganzolo, che lambiva quindi il paese. Ben visibile è il Torrione quattrocentesco dei Conti Valeri (il cui stemma è raffigurato qui sopra) feudatari dell’intero territorio golesano dal 1435 al 1806, quando, abolite le proprietà feudali, Baganzola divenne sede comunale fino al 1943, anno della soppressione del Comune di Golese.

Una ricostruzione grafica di come dovesse apparire la vecchia chiesa medievale prima dell’ampliamento del 1911. Secondo le carte di Don “Ciròn” Camillo Saracca (Parroco di Baganzola dal 1917 al 1952) l’edificio a “Croce Latina” era a una sola navata, molto più bassa di adesso, e con l’abside diritta e non come la semicircolare attuale. Anche il campanile, sempre in stile Romanico, era più basso. Il vecchio edificio quattrocentesco, a detta del suo predecessore Don Eugenio Pedrini, versava in condizioni pessime, se non “indecenti”: le arcate lignee erano pericolanti e pericolose per l’incolumità dei fedeli. Dopo una lunga trattativa con il Comune di Golese e con la Curia Parmigiana, nel 1911 si provvedeva quindi al restauro della facciata a tre navate, con l’innalzamento della navata centrale e con l’ampliamento delle navate laterali (quella di sinistra in realtà occupata in gran parte da campanile e sagrestia). Qualche tempo dopo venne rialzato anche il campanile, in stile Neoromanico. Non essendosi mai trovate delle immagini o dei dipinti, è plausibile che la vecchia chiesa non era un edificio artisticamente rilevante per l’epoca.

 

La chiesa dopo il restauro del 1911 (praticamente come l’attuale).

Di rilievo storico-artistico è nel sottosuolo dell’edificio parrocchiale (qui sotto una veduta notturna con il torrione sullo sfondo), dove sono visibili i resti di una chiesa di periodo Romanico.

Grazie al boom economico e all’imporsi sul mercato dell’azienda di cucine componibili “Salvarani”, negli anni ’60 Baganzola, conobbe un notevole incremento demografico ed edilizio. Questo fino ai giorni nostri, nonostante il fallimento della Salvarani all’inizio degli anni ’80, dove ora sorge l’importante polo fieristico “Fiere di Parma”.

Un asilo infantile, le scuole elementari e medie, ambulatori, banche, ufficio postale, negozi, luoghi di ritrovo, associazioni culturali, ricreative e sportive, fanno di Baganzola un paese in sostanza autonomo, nonostante la vicinanza con la città. Proprio per questo molti golesani ancora si lamentano per la perdita dell’autonomia comunale del ’43, con sede proprio a Baganzola, e delle facilitazioni (prima di tutto a livello burocratico) che avrebbero potuto significare per la comunità. Soprattutto negli ultimi decenni, in cui Baganzola ha raddoppiato la propria popolazione.

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CASTELNOVO “A SERA” (Castelnòv)

(Castronovo Ripae Parmae, Castellonova)

ABITANTI: 100 ca

Castelnovo “a sera”, chiamato così per distinguerlo dall’antica frazione di Castelnovo “a mane” (una volta esistente sull’altra riva della Parma, a Cortile San Martino) deve il suo nome a un castello dell’antica chiesa, del quale è rimasto il torrione che ora funge da torre campanaria. Fu la terra natale del Vescovo di Parma (dal 1162 al 1169) Aicardo Da Cornazzano.

La chiesa plebana è una delle più antiche della Diocesi di Parma: se ne ha riscontro già prima dell’anno mille. Nel ‘700 fu proprietà della famiglia Pavesi-Negri (di cui sopra lo stemma nobiliare) sotto la contea dei Valeri. Rimasto prevalentemente territorio agricolo, negli ultimi anni non c’è stato a Castelnovo un incremento demografico come invece si è verificato nelle altre frazioni golesane.

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CERVARA (la Sarvéra)

ABITANTI: 630 ca.

Antico borgo che fu riserva di caccia di cervi per i Conti Valeri prima, e per la Duchessa Maria Luigia dopo. Di qui il nome “Cervara”. E’ documentata l’esistenza di un oratorio plebano nel XIII secolo. Dal ‘700 i Cervaresi, non avendo mai avuto edifici di culto riconosciuti dalla Diocesi, professavano le funzioni davanti a un dipinto chiamato “Maestà”, che probabilmente diede il nome alla strada Dani Maestà che è diventata per i Cervaresi il cosiddetto “Giro del Castello” (quando, per la verità, un castello non c’è mai stato…).

Prima del “boom” della Salvarani, la Cervara registrava più abitanti di Baganzola, e aveva un proprio edificio scolastico elementare (che poi è stato adibito a Circolo di ritrovo, ora non più esistente). E’ proprio questo il cruccio che molti Cervaresi “del sasso” lamentano: anche se il paese si è comunque allargato e incrementato, mancano luoghi di ritrovo e di aggregazione.

ASSOCIAZIONE CALCIO CERVARESE

L’ultima rappresentativa della Cervarese, nel 2016, con la fusione a Marore con l’Arsenal.

La frazione della Cervara è stata rappresentata dalla AC Cervarese, nata nel 1980, poi confluita nell’US Golese nel ’96 (fondendosi con l’US Baganzola). Ed è risorta nel 2008, per poi emigrare nel 2015 a Marore, fondendosi con l’US Arsenal. Memorabili i derby contro il Baganzola negli anni ’80, la Cervarese è approdata fino in Prima Categoria.

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CORNOCCHIO (Cornoc’h)

(Cornoculus)

ABITANTI: 350 ca.

L’etimologia che ha più credenziali è quella che sostiene che il termine Cornocchio possa derivare dal torsolo del granturco. Altre fonti credono che sia dovuta alla forma a “corno” del territorio. Centro romano, confermato dai ritrovamenti di suppellettili antichi, il Cornocchio è da considerarsi oggi più una zona, che un paese vero e proprio. Anche se, prima dell’ampliamento dell’Aeroporto, il nucleo abitativo esisteva dove ora ci sono le piste di atterraggio e di decollo.

Il nome “Cornocchio” lo si adotta già nel Rinascimento nel nominare il Bastione dei Fiori (detto appunto “del Cornocchio”) nella cinta muraria farnesiana, al suo vertice nordoccidentale, nel delimitare il Parco Ducale. Dopo l’abbattimento delle mura a fine ‘800, dalla zona del bastione (di cui manterrà la conformazione triangolare), troverà posto la cosiddetta “Trionfale”, fabbrica di profumi, poi polo artigianale, demolita nel 2005. Già dal XIX secolo nel Cornocchio erano attivi un mulino (esistente ancora oggi) mosso dal canale Galasso, una fornace (di cui restano ormai da anni i ruderi, non abbattibili perchè patrimonio storico), e gli “Stallini di Maria Luigia” dove la duchessa teneva i propri destrieri (un patrimonio oggi lasciato nel degrado più totale).

cornocchio golese

Prima degli anni ’30, Cornocchio di Golese si estendeva fino alla Via Emilia (l’odierna Via Gramsci) e comprendeva quindi anche la zona di via Buffolara (dove sorgeva l’antica corte “Buffalora”) e dei “Prati Bocchi”. Proprio lì furono costruiti, durante il regime, i “Capanòn dal Cornoch”: basse costruzioni, erette in economia, che accoglievano le famiglie meno abbienti, provenienti dall’Oltretorrente “risanato” e stravolto dall’urbanistica voluta dai gerarchi. I Capannoni del Cornocchio verranno poi abbattuti nel Dopoguerra.

Proprio durante la 2a Guerra Mondiale, al Cornocchio si verificò un eccidio provocato dai bombardamenti americani. Nel 1944, il 2 maggio, “Pippo” (così veniva chiamato con sarcasmo l’aeroplano degli americani che effettuava i raid nei territori occupati dai tedeschi) non ebbe pietà della gente del Cornocchio: 61 furono le persone, ammassate in un rifugio, e sterminate in una sola notte, con l’unica colpa di abitare nei pressi dell’aeroporto.

Nel Dopoguerra al Cornocchio fu ampliato lo stesso aeroporto, costruito (suo malgrado) l’inceneritore dei rifiuti, e fu incrementato il polo commerciale e universitario di Via dei Mercati. Personaggi illustri nativi del Cornocchio furono: Ferdinando Santi (parlamentare e sindacalista) e Paola Borbone (attrice di teatro). Nella riformulazione dei Quartieri del 2002, dopo l’esperienza delle Circoscrizioni, per questioni logistiche, il territorio a sud della tratta ferroviaria Milano-Bologna divenne parte amministrativa del Quartiere San Pancrazio (come allo stesso modo le frazioni di Eia e Fraore, territori storicamente di San Pancrazio, andranno a far parte del Quartiere Golese).

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EIA (Jia)

(Eja, Elia, Aelia)

ABITANTI: 850 ca.

Dalle varie cartografie, risulta che il nome Eia derivi da “Aelia”, quello di una “gens” (famiglia) romana. Infatti nei secoli Eia cambiò nome da Aeli, a Elli, a Elia e infine a Eja. L’Impero romano era solito ricompensare le famiglie dei soldati che si distinguevano nelle campagne di guerra con 8 iugeri di terreno (circa 2 ettari). E pare che, dopo la conquista e la fondazione di Parma a discapito dei Celti, il territorio di Eia fu quindi un premio di guerra per la Gens Aelia, che raffigurava il proprio blasone con il sole (dal greco “Helios”). Con l’avanzare dei secoli, Eia si evidenziò per lo più come un territorio a prevalenza di produttività agricola, fino ai giorni nostri.

Tra i personaggi illustri di Eia, spicca l’Avvocato Ennio Tardini, Presidente del Parma nel primo dopoguerra, a cui è stato intitolato lo stadio di Parma.

La relativa vicinanza alla città, unita alla serena vivibilità dell’aperta campagna, ha contribuito a incrementarne i complessi residenziali moderni e di conseguenza la popolazione. Insieme a Fraore, è passata nel 2002 dalla giurisdizione del quartiere di San Pancrazio a quella del quartiere Golese.

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FOGNANO (Fognàn)

(Funnius, Fonnius, Favonnius)

ABITANTI: 950 ca.

Si intende per Fognano la parte antica del paese. Dalla strada per Cremona con il prolungarsi della frazione (come si può vedere nella cartina in alto) verso Nord fino a oltre l’autostrada. Secondo varie iscrizioni su pietre di epoca romana, il nome deriva dalla parola Fonnius, Funnius o Favonius, che pare siano il nome di una famiglia (gens) romana, come nel caso di Eia. La chiesa di Sant’Ilario (di cui sopra l’armoriale del Santo), ricostruita il secolo scorso, è sorta su di un’antica cappella del XIII secolo. Mentre l’antica corte “Paonazza” a pochi metri, oggi proprietà della famiglia Balestra, fu sede di allevamento dei cavalli per il Ducato di Parma.

Qualche versione storica importante, ma ancora da accertare, localizza in Fognano il sito in cui si accampò l’imperatore Federico II con l’obbiettivo di conquistare la città di Parma. Pensando fosse di buon auspicio denominò la località (allora chiamata Grola), “Victoria” che, dopo la caduta di Parma, sarebbe dovuta diventare la sede del proprio regno. Ma fu smentito dagli eventi: la cavalleria parmigiana colse di sorpresa le truppe imperiali. Furono sconfitte nella famosa Battaglia di Parma del 1248, e rispedite oltre il Po. Questa è la versione più accreditata, anche se altre memorie localizzano “Grola” sia a Baganzola, che a Valera, e pure a Vicofertile. Nulla di certo quindi.

Fognano recentemente si è fortemente ampliata, soprattutto a sud della strada Mazzabue, verso la città. Anche se lì è già frazione di Fraore.

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FRAORE DI GOLESE (Fraòr)

(Fabrorium, Fabrorio)

ABITANTI 1860 ca. (1680 ca. per la parte Golesana)

Più che un centro vero e proprio, Fraore è quella zona che si estende lungo la Via Emilia fino al Taro. Dopo la ridefinizione dei quartieri del 2002, Fraore è stata divisa in due: a nord del tratto ferroviario “Milano-Bologna” al Quartiere Golese, mentre a sud al San Pancrazio.

Anticamente Fraore era un gruppo di casali, ancora oggi esistente, sulla strada omonima che da Strada Vallazza porta a Strada Mulattiera. Il nome Fraore deriverebbe dal latino Fabrorium, poi Fabrorio, poi Fabrure (proprio così viene riportato Fraore sulle carte antiche) che significa fabbro, carpentiere, falegname, artigiano in genere. Facile intuire quindi la natura delle attività che si svolgevano a Fraore in passato, anche per i ritrovamenti di attrezzi da lavoro, effettuati già nel 1800 dai Marchesi Lalatta (qui sopra lo stemma familiare), signori di Fraore e proprietari terrieri della zona fino da allora.

Recentemente la frazione di Fraore ha incrementato fortemente la propria popolazione (soprattutto sulla Via Cremonese, in quella che viene definita la Fognano Nuova, in zona “La Palazzina”).

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RONCOPASCOLO (Roncpascòl)

(Ronco de’ Pasculi)

ABITANTI: 450 ca.

Varie le etimologie da cui si pensa nasca il nome del paese: una fa un chiaro riferimento a una terra “roncata” (disboscata) per dare spazio al pascolo, l’altra al connubio tra l’arnese di lavoro molto usata, la “roncola” appunto, e di una famiglia importante che vi ha abitato, il casato dei Pasculi. Le prime notizie di questa frazione ci giungono da prima dell’anno mille. Fin dal XII secolo negli atti notarili ecclesiastci è citata la chiesa di “S.Pietro giovane in Roncoli”.

Il paese negli ultimi anni ha avuto un forte sviluppo demografico ed edilizio, proprio per la tranquillità della zona e per la discreta vicinanza alla città. I nuovi insediamenti lungo la Via Vallazza ne sono un chiaro esempio, anche se per ora Roncopascolo ha soltanto a livello residenziale, ma non commerciale.

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VIAROLO DI PARMA (Viaròl)

(Viariolus)

ABITANTI: 900 ca. (350 ca. per la parte Golesana)

L’etimologia del nome Viarolo è chiara e deriva dal latino “Viariolus” cioè “situato lungo la strada”. Del paese si ha notizia già nel 980 d.C. citato da un documento di Ottone II, e dopo l’anno mille, figura nell’atto di vendita di tale Alberto per un castello eretto a difesa del guado sul Taro, poi demolito alla fine del XIII secolo.

Viarolo ha sempre avuto un’importanza strategica per i commerci di Parma verso il Po e oltre. Territorio dei marchesi Lalatta dal ‘600, passò a metà del secolo successivo sotto la contea della famiglia Bajardi (sopra lo stemma) che governava il territorio dalla propria villa (ora nota come Villa Mezzadri) in località Posta di Viarolo. Per decreto napoleonico del 1806, il paese venne spartito tra il Comune di Golese e quello di Trecasali. Linea di demarcazione: Strada del Cornazzano.

Negli anni, la parte di Trecasali, ha conosciuto un maggiore sviluppo edilizio e demografico rispetto alla parte parmigiana. Motivo principale, si presume una maggiore fluidità burocratica da parte dell’ente della Bassa Parmense, rispetto all’ovvia complessità del comune cittadino.

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VICOMERO DI PARMA (Videgmèr)

(Vigo de Mero, Vicolo de Mero)

 

ABITANTI: 1080 ca. (850 ca. per la parte Golesana)

Combattuta la disputa sull’etimologia del nome “Vicomero”. Una versione appoggia la tesi che derivi da “Borgo di Maria” (“Vigodemerius”, in seguito “Vicomariano”) proprio perchè la chiesa del paese era dedicata alla purificazione della Vergine. Un’altra versione, meno religiosa, sostiene che significhi “Villaggio di Mero” richiamando un comune nome germanico “Mer” per l’epoca, dopo la conquista longobarda. Marchesato della famiglia Cusani nel ‘600 (stemma familiare Verde e Oro qui sopra) e contea della famiglia Galantino dalla metà del ‘700 (stemma familiare rosso e bianco sempre qui sopra). Proprio i Galantino, diedero il nome alla Villa Galantina (già dei Cusani) che si può ammirare dalla Strada Provinciale ancora oggi.

Vicomero, oggi suddiviso tra il Comune di Parma e quello di Torrile, ha conosciuto negli anni un discreto aumento demografico, accentuato ultimamente dai nuovi insediamenti in prossimità della Chiesa. In prevalenza territorio agricolo, ha tuttavia, soprattutto lungo la Provinciale, incrementato le proprie attività commerciali.

Il Cornazzano (al Cornassàn)

Entro i confini della frazione di Vicomero (comunque al crocevia con le frazioni di Cervara e Viarolo), è situata la zona del Cornazzano (qui sopra lo stemma) in cui si erge da sei secoli il Torrione del Castellazzo, anch’esso proprietà dei Valeri (foto sotto).

Qui si celebra ogni anno a fine luglio per cinque giorni la storica fiera agricola, che si avvia al primo secolo di vita nell’era moderna. Questo perché, in realtà, si ha notizia fin dal Medioevo, di una manifestazione similare. Nata nel 1922 da un’idea delle famiglie Ravasini, Dieci e Bocchi, la fiera divenne sempre più importante, e da semplice folklore, si trasformò in un’autentica esposizione per metodi e prodotti agricoli, visitata ogni anno da migliaia di persone e talvolta anche da qualche ministro dell’agricoltura. Gare di aratura, gimkana di trattori, corsa podistica, giochi per i ragazzi, giostre e balera scandiscono i momenti dei tanti visitatori di tutte le età. Immancabile la distesa di tavole, atte a ospitare chi vuole gustare le prelibatezze della fiera (tradizionalmente i Tortelli d’erbetta e l’anatra al forno, ma anche tanto altro).

 

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